08/02/15
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Tumori: gli effetti collaterali delle cure
Sempre più malati guariscono, ma hanno bisogno di essere seguiti per anni. Oltre alla visite di controllo, ecco cosa serve

CHICAGO – Negli Stati Uniti li chiamano «cancer survivors», sopravvissuti al cancro o lungospravviventi, e sono circa 12 milioni. In Italia se ne contano più o meno due milioni e mezzo: le stime dicono che il quattro per cento della popolazione nostrana (il 15 per cento degli over 65) ha avuto una diagnosi di cancro che, per la maggioranza dei casi (57 per cento), risale a più di cinque anni fa. E questi numeri sono destinati ad aumentare, visto che i successi delle terapie anticancro e la scoperta sempre più precoce della malattia contribuiscono costantemente a far crescere il tasso di guarigioni. Ma quanto si sa degli effetti a lungo termine delle cure? E quanto si fa per arginare gli effetti tardivi dei trattamenti? C’è molto da migliorare, secondo uno studio condotto dai ricercatori dell’Harvard Medical School di Boston e presentato all’Asco (il convegno dell’American Society of Clinical Oncology) in corso a Chicago.

LO STUDIO - Larissa Nekhlyudov e colleghi hanno condotto un’indagine fra oltre duemila medici americani, una metà circa composta da oncologi e l’altra da «addetti alle cure primarie» (più o meno l’equivalente dei nostri medici di famiglia), sondando le loro conoscenze sugli effetti collaterali a lungo termine di quattro chemioterapici (doxorubicina, paclkitaxel, oxaliplatino e ciclofosfamide) comunemente usati per trattare tumori del colon e del seno, fra le forme di cancro più diffuse. «Gli esiti del sondaggio – spiega Nekhlyudov – non ci hanno sorpreso e fotografano una realtà che va perfezionata con una certa urgenza: mentre gli oncologi sono generalmente preparati, serve molta più informazione per i medici di base. Perché sono proprio questi ultimi ad assistere più spesso i survivors, che con il passare degli anni hanno giustamente sempre meno rapporti con l’oncologo».

CONSIGLI PRATICI - Disfunzione cardiache, neuropatie periferiche, secondi tumori, dolore cronico, fatigue (senso di affaticamento), linfedema, disfunzioni sessuali, stati ansiosi e depressivi, preoccupazioni per un’eventuale ricaduta di malattia, problematiche socio-relazionali, difficoltà a riprendere la propria vita pre-malattia (inclusa l’attività lavorativa). L’elenco delle conseguenze note delle cure è lungo. «Oggi abbiamo molte informazioni sugli effetti collaterali di chirurgia, chemio e radioterapia - commenta Francesco Cognetti, direttore della divisione di Oncologia Medica A presso l’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma -. Quando è possibile li preveniamo, altrimenti abbiamo imparato a tenerli sotto controllo. Il numero crescente di persone che guariscono, e che hanno nuovi bisogni che vanno ascoltati, è una novità relativamente recente, ma molto si può fare per garantire a questi pazienti una buona qualità di vita». Per esempio, si eseguono esami mirati per tenere sotto controllo l'apparato cardiocircolatorio; ci sono diverse strategie a disposizione contro il linfedema (quali il linfodrenaggio o fisiokinesiterapia, per citarne alcuni); i problemi respiratori dopo un intervento ai polmoni possono essere con farmaci, fisioterapia, ossigenoterapia; o, ancora, ci sono vari modi per salvare la fertilità. «E anche per chi soffre di disturbi della sfera sessuale o psicologici abbiamo delle soluzioni efficaci da offrire, è importante che i pazienti ce ne parlino e non si condannino da soli a una silenziosa sopportazione» conclude Cognetti.

tratto da corriere.it




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